Vi presentiamo Alessandra, che ci racconterà la sua vita con una malattia rara, invalidante, invisibile e non riconosciuta. Una condizione che porta con sé sintomi estremamente debilitanti e che gli hanno completamente cambiato la vita.

Alessandra e la sua malattia rara

Ciao, io sono Ale.

Da oltre un anno e mezzo convivo con una malattia rara, invisibile, devastante, ma non riconosciuta ufficialmente.

La malattia rara

Tutto è iniziato dopo un trauma cervicale, e da lì la mia vita è precipitata. Da quell’urto è emersa una protrusione discale che ha innescato un complesso processo disfunzionale a livello neurofisiologico, irritando le radici spinali e le afferenze somatiche che convergono nel nucleo trigemino-cervicale: una regione chiave per l’integrazione tra segnali cervicali e sensoriali cranici.

Questa disfunzione ha compromesso funzioni neurologiche importanti alterando in modo profondo la regolazione delle vie uditive e del dolore, scatenandomi acufeni multipli, di altissima intensità, variabili sia in frequenza che in volume, e fortemente reattivi agli stimoli sonori ambientali. In alcuni casi, anche suoni lievi possono provocarmi un aumento improvviso del numero e dell’intensità degli acufeni. Non ho mai un attimo di silenzio. Vivo in un loop sonoro continuo, che non si ferma mai, a un livello diagnosticato come “catastrofico”, il più alto nella scala di misurazione degli acufeni, ovvero superiore a qualsiasi rumore esterno percepito. Dormo pochissimo, quando dormo. Resto sveglia per ore, intrappolata in un rumore insopportabile, mentre il corpo lentamente si spegne.

Col tempo la sintomatologia si è aggravata e si sono aggiunte iperacusia (intolleranza ai suoni) e una forma grave di noxacusia. La noxacusia è una condizione ancora più devastante: trasforma suoni comuni, come la voce di una persona, il rumore di stoviglie, persino il fruscio di una busta, in dolore fisico reale. Non parlo quindi solo di fastidio, ma di un dolore acuto, bruciante, che può irradiarsi al volto, alla testa, al collo, e che può durare minuti, ore o giorni dopo l’esposizione. Questo significa che ogni minimo rumore diventa una minaccia, una fonte di sofferenza che ti costringe a rinunciare a tutto: non puoi più vivere una vita sociale, non puoi più lavorare, non puoi nemmeno affrontare le attività quotidiane più banali. È una disabilità totale e silenziosa: non si vede, ma ti imprigiona, ti allontana dagli altri e ti condanna a un isolamento forzato, lontana dalla vita stessa.

All’inizio, quando avevo “solo” gli acufeni, sono rimasta ferma per circa sei mesi. Poi, nonostante dormissi appena un paio d’ore a notte (quando andava bene), avevo una reattività più limitata, e sono riuscita ad adattare in qualche modo il corpo ai sintomi seppur presenti h24. A conviverci, diciamo. Una convivenza aberrante, ma evidentemente per me possibile.

Ho ricominciato a lavorare, ovviamente a un ritmo estremamente ridotto e con una presenza molto saltuaria. E ho continuato a portare avanti la mia iniziativa benefit no profit, con l’intento di aiutare chi sta ancor peggio di me, ovvero chi vive ogni giorno tra guerra e distruzione. Ma questa malattia è degenerativa, e con i progressivi peggioramenti e l’insorgere di nuovi sintomi sono arrivata a uno stadio in cui posso vivere solo in completo isolamento dai suoni. Non posso più né lavorare né studiare. Mi ero iscritta a un’accademia, nel tentativo di costruirmi un piano B che mi permettesse di lavorare in smart working nel caso fossi stata costretta ad abbandonare il mio lavoro da tatuatrice. Ma oggi non posso nemmeno più seguire una lezione dato che l’attuale sintomatologia lo rende totalmente impossibile, su più fronti.

Faccio parte di una community di persone che, come me, vivono questo inferno. Purtroppo sappiamo bene che in tutto il mondo in tanti non ce l’hanno fatta: alcuni si sono tolti la vita, altri hanno chiesto, e ottenuto in altri paesi, l’eutanasia. Io, oggi, sto ancora cercando di resistere. Anche se la mia vita è sinonimo di tortura da oltre un anno e mezzo, e oggi più che mai (gli acufeni hanno raggiunto un volume ancora più insostenibile, superando sicuramente gli 80 dB, una sega elettrica è circa 90/100 db).

Resisto nella speranza che la scienza faccia dei passi avanti. Che si trovi una cura o almeno un modo umano per convivere con questi sintomi. Nel frattempo, quando le energie me lo permettono, continuo a fare ricerche sulla mia malattia. Non avevo mai studiato neuroscienze, ma dopo l’ennesima volta in cui mi sono sentita dire dai medici che sono incurabile e che non esistono sufficienti studi, ho iniziato a farlo io.

Poco tempo fa, due care amiche, che non mi hanno mai lasciata sola in questo inferno, hanno avviato, di loro iniziativa, un crowdfunding per aiutarmi a sostenere le spese mediche.

Il motivo principale per cui lo hanno fatto è semplice: lo Stato non riconosce la mia malattia e non offre alcun tipo di supporto o sussidio. Come me, tante altre persone vengono abbandonate a loro stesse, senza accesso a cure e trattamenti indispensabili per la sopravvivenza, se non a proprie spese e la sanità privata costa caro.

E come diamine fa una persona a sostenere certe spese se non può nemmeno andare a lavorare?

Io, ad esempio, sono nuovamente senza reddito da sei mesi e, a causa dei miei peggioramenti, non so per quanto tempo ancora sarò impossibilitata a poter tornare a lavorare, cosa che, potessi, farei oggi stesso. So solo che, dall’inizio di giugno, sono costretta a vivere in totale isolamento, e questo livello di sintomatologia mi rende inabile anche a svolgere azioni quotidiane che prima erano banali. So che tutti i miei risparmi, com’è facile immaginare, sono finiti nelle tasche dello Stato e dei medici, inseguendo, da oltre un anno e mezzo, varie possibilità di guarigione in ambiti diversi della medicina.

Dove potete trovarmi

Sulla mia pagina Instagram @Vandel_spleen tengo un diario per lasciare traccia dell’inferno che sto vivendo, sotto gli occhi di un sistema che ci ignora. Ho scelto di espormi, mettendoci la faccia, come ho sempre fatto per gli altri. Ma questa volta lo faccio per me, e per tutte le persone che come me subiscono la stessa ingiustizia. Lo faccio come atto di denuncia contro un sistema sanitario e istituzionale che abbandona chi non rientra nei suoi parametri. Un sistema che considera “invisibili” le persone affette da malattie non riconosciute, perché ancora troppo poco studiate, anche quando queste le devastano giorno dopo giorno. Un sistema che ci lascia morire, dopo averci chiesto di pagare tasse e contributi per una vita intera.”

Leave a Comment